Gli orti alpini tra natura e cultura

Dall'altro lato - quando rivolgiamo l'attenzione ai Servizi Ecosistemici - abbiamo invece a che fare con i benefici prodotti da ecosistemi sani, valorizzati attraverso la creazione di strumenti di gestione efficace delle risorse ambientali. Il loro pagamento è un meccanismo innovativo di protezione del patrimonio naturale che richiede comunque alcune condizioni particolari per essere applicato correttamente.
Secondo la classificazione proposta dal MEA, il Millennium Ecosystem Assessment – un progetto di ricerca internazionale sviluppato con l'obiettivo di individuare lo stato degli ecosistemi globali, valutare le conseguenze dei cambiamenti negli ecosistemi sul benessere umano e fornire una valida base scientifica per la formulazione di azioni necessarie alla conservazione e all'uso sostenibile degli ecosistemi – i Servizi Ecosistemi si suddividono nelle seguenti categorie:
- Servizi di regolazione: conservazione del suolo; impollinazione; controllo naturale dei parassiti e dei vegetali infestanti tramite le relazioni trofiche; purificazione dell'acqua; regolazione dell'atmosfera;
- Servizi di approvvigionamento: produzione di cibo, fibre e combustibile;
- Servizi di supporto: struttura del suolo e fertilità; ciclo dei nutrienti; regolazione dell'acqua; biodiversità genetica;
- Servizi culturali (o “fuori dal mercato”): qualità estetica del paesaggio; ricreazione; patrimonio culturale e d'identità; conservazione della biodiversità; conservazione del suolo; sequestro del carbonio e mitigazione dei cambiamenti climatici.
Le attività antropiche possono ovviamente produrre anche una serie di “disservizi”, prelevando una quantità di risorse eccessiva e incidendo negativamente sull'equilibrio naturale e le reti ecologiche.
L'orto è in questo quadro un classico esempio di buona pratica conservativa del patrimonio agrobioculturale.
Una ricerca condotta recentemente dall'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche in collaborazione con DISAFA, CIRSDE e Università di Torino evidenzia non solo quanto gli orti alpini siano una riserva strepitosa di biodiversità agrobioculturale ma anche come la loro gestione promiscua – condotta insieme da donne e uomini – «esalti l'inclusione di specie produttive con specie a duplice o singola attitudine estetica e produttiva (alberi da frutto, fiori, specie spontanee)».
Gli orti alpini divengono così un tratto identitario delle comunità locali, «'hotspot' di agrobiodiversità culturale» e spazi dove il ‘tramandare attivo' trova impiego e può essere condiviso convivialmente.
I dati raccolti evidenziano quanto la sopravvivenza di questi orti sia connessa alla presenza sullo stesso territorio di altre figure fondamentali, come ad esempio i possessori di animali nei singoli paesi o coloro che salgono in alpeggio durante l'estate. Sono essi a fornire il letame necessario a terreni generalmente poveri di sostanze minerali ed elementi nutritivi e a instaurare preziosi rapporti di scambio e reciproco vicinato, altro ingrediente indispensabile alla ricca varietà biologica di queste antiche pratiche molto diversificate colturalmente.
La biodiversità nell'orto garantisce poi la biodiversità nel piatto, con un utilizzo diffuso di specie spontanee e tipiche della montagna, che perpetuano anche in cucina l'identità culturale e l'espressione soggettiva di conoscenze tradizionali e buone pratiche agricole.
Appare allora del tutto evidente che tutelare e promuovere la loro diffusione sia quanto mai opportuno per politiche lungimiranti, che vogliano intervenire positivamente con una programmazione strategica, riconoscendo concretamente il valore socioeconomico della diversità agrobioculturale degli orti alpini. L'iniziativa “Premio al Miglior Orto Alpino” del Parco dell'Adamello - Comunità Montana di Valle Camonica ne è un ottimo esempio.
Vesna Roccon