Ma se lo facciamo noi, perché non lo fate pure voi?

Il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali è nato il 1° gennaio 2013 ed è frutto della confluenza delle precedenti realtà del Dipartimento di Sociologia e Scienza Politica, di parte del Dipartimento di Scienze Giuridiche, della Facoltà di Scienze Politiche e di parte della Facoltà di Economia.
Lo scorso 16 giugno vi è stato organizzato il primo incontro di un Ciclo di seminari dal titolo: “Migrazioni e aree rurali: percorsi per la cooperazione e lo sviluppo”. Promosso dalla Rete Rurale Nazionale, in collaborazione con il CeSSR e il Corso di Laurea Magistrale in Scienze per la Cooperazione e lo Sviluppo, il workshop “Migrazioni, agricoltura e inclusione sociale” ha presentato e analizzato alcune esperienze di agricoltura sociale e di filiere etiche legate a progetti di accoglienza e di inserimento socio-lavorativo di migranti e rifugiati.
Il fenomeno dei flussi migratori e della crescente presenza di stranieri nelle aree rurali e montane del Paese si inserisce a pieno titolo nelle possibili forme di sviluppo di questi territori. Le aree rurali offrono infatti, specifiche e rinnovate occasioni di lavoro e residenzialità per gli immigrati che in questo contesto rappresentano una risorsa importante, sebbene emerga la necessità di supportare i processi di convivenza accompagnandoli, contrastando lo sfruttamento, la marginalizzazione o l'esclusione dei nuovi abitanti al fine di prevenire eventuali tensioni sociali.
Riflettere sull'impatto delle politiche nazionali e locali, con specifico riferimento all'accoglienza di nuovi abitanti, è un compito imprescindibile per tutte le amministrazioni che intendano perseguire logiche di sviluppo sostenibile e inclusivo.
Spesso tuttavia i problemi connessi al governo del territorio e quelli relativi alla gestione delle nuove presenze migranti rimangono separati.
La mancata integrazione di questi ambiti rischia però di incidere negativamente sugli esiti di qualunque strategia di crescita e sviluppo, dato che la politica rurale è una politica di tipo trasversale: ambientale, paesaggistica e sociale.
Il Centro Studi per lo Sviluppo Rurale e il Centro territoriale Migrazioni e Sviluppo dell'Università della Calabria sono testimoni di eccellenza delle interazioni che intercorrono fra migrazioni e filiere produttive territoriali. Il Sud Italia si conferma, in questo senso, un punto di osservazione privilegiato dal quale è "più facile" analizzare alcune dinamiche socioeconomiche e riflettere sulle distorsioni di una configurazione produttiva che crea simultaneamente valore economico, sfruttamento e fenomeni di marginalizzazione ed esclusione.
Sebbene le aree montane favoriscano spontaneamente una economia di tipo solidale e l'incontro con l'altro, ciò non toglie che un fenomeno epocale come quello delle massicce migrazioni necessiti di un profondo ripensamento delle policy territoriali. Certo le relazioni, in montagna, sono vincolate al fatto che tutti sono conosciuti o riconoscibili per un proprio specifico ruolo nella comunità – sia esso istituzionale o informale – ma attardarsi all'interno di una logica emergenziale per quanto concerne la gestione dei flussi migratori non permette di discutere in termini strutturali di una presenza che rappresenta ormai una risorsa importante di rivitalizzazione territoriale.
Le analisi e gli studi condotti dal CeSSR e dal CEMISV sono in grado di fornire un quadro complessivo, articolato e coerente delle modalità di riorganizzazione delle filiere agro-alimentari nelle aree rurali, importante fattore di sviluppo anche in montagna.
Le esperienze testimoniate direttamente dai protagonisti nel corso del primo incontro del ciclo di seminari hanno dimostrato che è possibile integrare progetti di accoglienza a nuove forme di sviluppo sostenibile.
Riprendo allora le parole di Angelo Cleopazzo e Rosa Vaglio di Diritti a Sud, associazione nata nel 2009 a Nardò, in Salento, in risposta al fenomeno della riduzione in schiavitù della forza lavoro migrante impiegata nella raccolta stagionale di frutta e verdura: «Il processo di riforma culturale e nuovo umanesimo deve essere fatto dagli africani, ma ancor prima dagli italiani verso gli italiani stessi». Il loro progetto - SfruttaZero, la passata di pomodoro con lo 0% di sfruttamento - è uno dei tanti messi in campo nel corso di questi anni su tutto il territorio nazionale, al fine di contrastare lo sfruttamento e l'esclusione della manodopera straniera nel mercato del lavoro. Questi giovani si occupano praticamente di tutto: orientamento, servizi, intermediazioni, creazione di alternative professionali dignitose. Sono ragazze e ragazzi italiani che hanno rifuggito l'idea di dover perpetrare una guerra fra poveri, decidendo di unire le forze “per cercare” – dicono – “di ribaltare il piano”. Fra loro, sottolineano a margine dell'intervento, non ci sono migranti, ma persone: Andrea, Musse, Paola, Bakari, Lusala, Vuai, Rosa, Amadi… E ci lasciano così, con questo semplice quanto efficace messaggio: «ma se lo facciamo noi, perché non lo fate pure voi?»
Dialogare con queste realtà, vigili e informate, può rivelarsi una carta vincente per affrontare uniti le sfide che ci attendono, contribuendo così al alla crescita economica, culturale e sociale di tutta la nazione.
Vesna Roccon