Vino eroico e paesaggio. L'esperienza e le prospettive del Ramìe

L'anno passato la vendemmia è andata davvero bene, e la produzione locale del vino Ramìe ha superato le 6000 bottiglie. Tutte vendute. Con alcune prenotazioni già per la produzione di quest'anno.
«Nelle aree interne del Paese ci sarà un ritorno al passato – dice Danilo Breusa, sindaco del piccolo Comune piemontese di Pomaretto, in Val Germanasca - i posti di lavoro da conservare per 35 o 40 anni non esisteranno più. In montagna si potrà in parte far fronte al problema con l'avvio di micro produzioni enogastronomiche locali, un'agricoltura sociale, con l'offerta di prodotti unici molto legati al territorio».
Ed è quello che la comunità di Pomaretto sta facendo con il recupero e la valorizzazione del suo storico prodotto, il Ramìe, un “vino eroico”, con una gradazione alcolica di 13 gradi e mezzo, ricavato dalla coltura dei terrazzamenti a 700-800 metri di altezza sul versante orografico sinistro della valle, quello solatio.
La tradizione vinicola antichissima, conosciuto fin dai tempi del Cardinale Richelieu, subì alla fine dell'800 un colpo mortale dalla pandemia della filossera per poi rinascere nel secondo dopoguerra raggiungendo dei livelli qualitativi discreti tanto da essere citata dal grande critico Luigi Veronelli che scrisse a proposito del «Ramìe (sic). Bel colore rosso rubino, delicato profumo. Sapore giustamente asciutto, fine, gustoso». Erano tempi in cui la maggior parte dei terrazzamenti erano abbandonati e alcune sparute famiglie coltivavano le vigne per passione, producendo il vino prevalentemente per l'autoconsumo.
Nel 1996 arriva la denominazione Doc, all'interno della famiglia “Pinerolese”, e nel 2003 la Provincia di Torino finanzia la costruzione di una monorotaia per facilitare il lavoro e la vendemmia. Finalmente, nel 2009 quando è stato eletto il sindaco Breusa, è stato costituito il Consorzio Produttori Terre del Ramie.
Il nome della Doc è “Pinerolese Ramie”, composto prevalentemente da un vitigno particolare e di estrazione montana come l'Avarengo insieme a minori quantità di Neretto di Bairo e Avanà. Alla costituzione del Consorzio la vinificazione è stata portata per tre anni in maniera sperimentale in un altro comune piemontese, a Chieri, presso l'istituto Bonafous della Facoltà di Agraria dell'Università di Torino. Per poi fare ritorno in Valle presso l'istituto Malva Arnaldi di Bibiana. «Il lavoro con l'Università ci ha consentito di migliorare la qualità del nostro vino – continua Breusa -. Ma il valore aggiunto del consorzio è la possibilità di gestione collettiva della vendita e l'accesso ai finanziamenti per la manutenzione dei muri a secco e delle vigne. Il nostro Ramie è ormai presente nei bar, nelle osterie e nei ristoranti del circondario e fornisce ai turisti che frequentano le valli un'esperienza aggiuntiva di conoscenza delle eccellenze del territorio».
A Pomaretto tutti sanno che le risorse che il Consorzio attira sul territorio non sono in grado di creare un'economia florida e indipendente, ma si tratta comunque di piccole somme di denaro capaci di integrare al più il reddito famigliare, e della possibilità di realizzare una manutenzione sostenibile del territorio che aggiunge fascino a un paesaggio unico al mondo, ricco di storia, cultura e socialità.
di Maurizio Dematteis
Immagini: Maurizio Dematteis